apnee.jpg

Apnea nel sonno: rischio di iperglicemia

Elevati livelli di zucchero nel sangue sono stati collegati all’apnea del sonno. Probabile vi è un aumento anche di malattie e cardiovascolari e, nei casi estremi, di mortalità

Le apnee del sono sono state correlate con i livelli di glicemia nel sangue.

Foto: ©Photoxpress.com/MAXFX

Oltre cinquemila i pazienti esaminati da un largo studio europeo per l’apnea del sonno (European Sleep Apnoea Cohort). E i dati sono tutt’altro che positivi: questa condizione porterebbe a un maggior rischio di iperglicemia e danni cardiovascolari. Per arrivare a tali conclusioni, i ricercatori hanno scelto di misurare l’emoglobina glicata – altrimenti detta HbA1c – direttamente collegata con la concertazione di glucosio plasmatico medio.

Tali rilevazioni sono stati essenziali per permettere ai ricercatori di acquisire una maggior comprensione circa i livelli di zucchero nel sangue per un determinato periodo di tempo. Le persone affette da diabete presentano valori di HbA1c molto elevati, con il conseguente rischio di sviluppare problemi all’apparato cardiovascolare.

Per farci un’idea di tali valori possiamo dire che una persona non affetta da diabete potrebbe leggere nel proprio referto d’esame del sangue un valore di circa 4% (equivalente al nuovo metodo di rilevazione a 20 mmol/mol). Mentre una persona con il diabete ha un riferimento “normale” di circa il 6,5% (equivalente a 48 mmol/mol). Secondo i ricercatori, i livelli di concentrazione di glucosio erano significativamente collegati con la gravità dell’apnea del sonno.

Nello studio, i partecipanti sono stati suddivisi in gruppi in base al tipo e alla gravità dell’apnea che era stata loro diagnosticata. Si traduceva così nei valori di HbA1c da 5,24 fino a 5,50 quando si trattava di apnea di una certa intensità.

Tali risultati mettono in evidenza l’importanza da parte dei medici di essere consapevoli del rischio aumentato di diabete in pazienti che presentano problemi di questo genere. «Questo è il più grande studio del suo genere che mostra un legame tra la gravità dell’apnea del sonno e i livelli di glucosio – scrivono i ricercatori – I medici devono concentrarsi sul diabete come una malattia importante coesistente nel trattamento di persone con apnea del sonno.

Ulteriori studi saranno necessari per comprendere i meccanismi che sono alla base di queste due condizioni. Vorremmo anche sottolineare ai pazienti l’importanza del controllo del peso come un metodo per ridurre i rischi associati alla condizione». I risultati sono stati pubblicati nella versione online dell’European Respiratory Journal. La stampa salute 4/4/14

formaggio.jpg

Secondo un nuovo studio pubblicato su General Dentistry, la rivista dell’Academy of General Dentistry (AGD), l’assunzione di formaggio e prodotti lattiero-caseari in genere può aiutare a prevenire la carie.

Lo studio ha visto il coinvolgimento di 68 giovani soggetti di età compresa tra 12 e i 15 anni. A tutti i partecipanti, i ricercatori hanno esaminato il pH della placca dentale prima e dopo aver consumato o formaggio, o latte, o yogurt senza zucchero.

La misurazione del pH è stata fatta perché questo è un indicatore di rischio per l’erosione dei denti: un pH inferiore a 5,5 mette infatti una persona a rischio erosione del dente, un processo che causa la disgregazione dello smalto – che è lo strato protettivo esterno di denti. «Più il livello di pH è superiore a 5,5, minore è la probabilità di sviluppare carie», sottolinea il dottor Vipul Yadav, autore principale dello studio.

I partecipanti sono stati suddivisi a caso in tre distinti gruppi: il primo gruppo ha consumato del formaggio del tipo Cheddar (un formaggio duro, tipico inglese, di colore giallo); il secondo gruppo del latte e, infine, il terzo gruppo dello yogurt non zuccherato. Ogni partecipante ha mangiato il prodotto per tre minuti, e poi si è sciacquato la bocca con dell’acqua. I ricercatori hanno poi proceduto alla misurazione del livello di pH della bocca di ogni soggetto a 10, 20 e 30 minuti dopo il consumo dei tre latticini. I risultati hanno mostrato che negli appartenenti ai due gruppi che hanno consumato latte e yogurt senza zucchero non c’erano stati cambiamenti nei livelli di pH nella bocca.

A differenza, i soggetti che avevano mangiato il formaggio mostravano un rapido aumento dei livelli di pH a ogni intervallo di tempo: questo, secondo i ricercatori, suggerisce che il formaggio ha proprietà anti-carie. Tra le varie ipotesi sulla possibile azione protettiva nei confronti dello smalto dei denti del mangiare formaggio vi è l’aumento di salivazione – che è un modo naturale dell’organismo per mantenere un adeguato livello di acidità basale – a seguito della masticazione.

Oltre a questo, ci potrebbe essere l’azione dei composti trovati nel formaggio che possono aderire allo smalto dei denti contribuendo alla protezione di questi dall’azione destrutturante dell’acido. Poiché si tratta di un piccolo studio, saranno necessari ulteriori approfondimenti al fine di accertare l’effettiva azione del mangiare formaggio sulla protezione dello smalto dei denti.

gravidanza.jpg

La salute dei denti dei nostri figli è molto importante. Condiziona la loro crescita, la loro qualità di vita e anche… la nostra. Infatti, le loro carie dentali ci fanno perdere molto tempo in numerose sedute dal dentista; ci fanno stare alzati di notte per il mal di denti; ci fanno spender molti soldi in apparecchi che potevano essere evitati.

Questi motivi (oltre al naturale amore dei genitori) sono sufficienti per controllare lo stato di salute dei denti da latte e permanenti dei nostri amati figli/e. Ogni età ha alcuni particolari accorgimenti da attuare nella interminabile guerra alla carie.

In una serie di post a puntate daremo quindi dei consigli riguardo i vari aspetti da tenere sotto controllo. Ogni età richiede delle attenzione particolari. I denti e i comportamenti del bambino sono infatti molto diversi da quelli dell’adolescente. Soltanto valutando tali ambiti risparmieremo un sacco di tempo, fastidi e…soldi.

I) Prima della nascita: Se il nostro obiettivo è quello di evitare le carie a nostro figlio è possibile iniziare subito, da quando si trova nella “pancia”. Le ultime “Linee guida nazionali per la promozione della salute orale e la prevenzione delle patologie orali in età evolutiva” affermano che la “fluoro-profilassi può iniziare dal terzo mese di gravidanza con la somministrazione di 1 mg al giorno”. Il “grado” di questa raccomandazione tuttavia non è così forte come la fluoro-profilassi effettuata direttamente al bambino.

Durante la maternità è importante pensare anche alla mamma. La gravidanza è, infatti, un periodo bellissimo emozionalmente… fisicamente un po’ meno. Infatti gli squilibri ormonali comportano variazioni della funzionalità del nostro corpo, compresi denti e gengive. A causa di tali cambiamenti ormonali i tessuti gengivali sono più delicati e la placca, anche in quantità minima, può creare una particolare condizione definita gengivite gravidica. È, quindi, fondamentale, in questa fase, mantenere un’igiene molto scrupolosa e rivolgersi periodicamente all’odontoiatra. Eseguire frequentemente l’igiene professionale infatti ci aiuta a evitare il verificarsi di infiammazione gengivali, con possibile formazione anche di problemi gengivali permanenti. Inoltre, a causa di tale situazione, anche per i denti aumenta il rischio carie.

Tuttavia, questo è il male minore. Secondo alcune ricerche, i batteri della placca possono diffondersi nell’organismo attraverso la gengiva compromettendo i normali tempi di gestazione e, quindi, causando parti prematuri o nascite sottopeso. Un programma di igiene orale mirata e controlli periodici dal dentista possono evitare tali pericoli.

StudioCapraraWeb-391-1200x800.jpg

Un detto dice che: “Il bravo genitore si vede dai denti del bambino“. Infatti, questo è un periodo in cui si può influire sulla qualità dell’igiene orale del proprio figlio. Considerando che la carie è una malattia infettiva, dobbiamo stare molto attenti a non contaminare la bocca di nostro figlio con batteri molto più aggressivi di quelli che potrebbe avere naturalmente.

È bene che la mamma esegua delle sedute di igiene orale e mantenga una pulizia dentale molto accurata per ridurre la propria carica batterica. Inoltre, bisogna evitare attentamente di utilizzare la stessa posata (o altri comportamenti simili) per non trasmettere batteri dannosi al nostro bambino. In questa fase escono i famosi denti da latte che da alcuni genitori sono visti come qualcosa di non molto importante, perché tanto non durano.

In realtà questi elementi guidano la crescita dei denti definitivi. Durano fino a 10- 12 anni, molto di più di quanto alcuni di noi conservano la propria macchina, eppure c’è qualcuno che li trascura. Questi dentini aiutano a sviluppare l’autostima nel bambino, facilitano il modo di parlare e l’alimentazione, mantengono lo spazio per i denti permanenti, sostengono lo sviluppo del massiccio facciale.

Se tali elementi vengono persi precocemente a causa della carie, sarà molto facile che nostro figlio cresca con i denti storti o che abbia bisogno di utilizzare un apparecchio ortodontico. Per salvaguardare tali denti il più importante (anche se banale) suggerimento è quello di non lasciare che nostro figlio si addormenti succhiando un biberon contenente camomilla o latte zuccherato, oppure un succhiotto intriso nel miele (o nello zucchero).

Questi sono i migliori metodi per rovinare completamente i denti del nostro bambino. Gli effetti, infatti, sono disastrosi in quanto si possono distruggere i denti da latte in maniera irreparabile. Per mantenere a lungo tali elementi è bene evitare o ridurre al minimo le bevande e i cibi zuccherati fuori dai pasti. Se non riusciamo in tale intento, assicuriamoci di far lavare i denti o facciamo eseguire degli sciacqui con abbondante acqua dopo l’assunzione del composto zuccherato.

Una delle sostanze che aiuta a tener lontano il trapano del dentista è senz’altro il fluoro. Questa sostanza permette di rinforzare i denti. Dai sei mesi ai sei anni è consigliabile far assumere ai nostri figli delle compresse di fluoro. Il fluoro va sempre preso lontano dall’assunzione di latte, in quanto questa sostanza ne riduce l’assorbimento. Verso i quattro-cinque anni è consigliabile eseguire la prima visita dal dentista. Bisogna, infatti, cercare di far controllare il bambino quando sta bene, cioè in situazioni di normalità e non di emergenza. In questo modo la seduta odontoiatrica diventa un’esperienza piacevole che nostro figlio vorrà tranquillamente ripetere.

A tale scopo il genitore deve preparare tale “evento”. Evitiamo di raccontare ai nostri bambini storie personali negative riguardo l’esperienza odontoiatrica, non li minacciamo con frasi del tipo se non stai buono ti porto dal dentista e neanche scherziamo dicendo ah oggi vai dal dentista! Vedrai vedrai cosa ti succederà…. Quando portiamo nostro figlio per la prima volta dal dentista è bene prima informarsi se il nostro professionista di fiducia tratti abitualmente questa tipologia di pazienti. In caso contrario è bene rivolgersi a un pedodontista, cioè un odontoiatra specializzato nel trattamento di bambini.

Oggigiorno sono molti i dentisti che curano i bimbi utilizzando varie tecniche (protossido di azoto, visione di cartoni animati, musicoterapia etc.), che permettono al piccolo paziente di avvicinarsi a questa esperienza in maniera tranquilla e piacevole. Il bambino che non ha paura del dentista oggi, sarà un adulto con i denti sani domani.

StudioCapraraWeb-382-1200x800.jpg

III) Dai 6 ai 12 anni: questa è l’età in cui escono i denti permanenti e quindi bisogna seguire con particolare attenzione tale cambiamento. È, infatti, in questo periodo che si possono prevenire molte malocclusioni o difetti di crescita. Inoltre, a questa età anche le carie si sviluppano più velocemente.

È quindi utile far visitare nostro figlio ogni sei mesi dal dentista per assicurarci che la crescita sia corretta e, soprattutto, che i denti siano ben puliti. Questa età è un periodo “snervante” per le mamme, in quanto sono costrette ogni sera a ripetere più volte “Ti sei lavato i denti?”, “Ti sei lavato i denti?”, “Allora? Ti sei lavato i denti?” come fossero dei poliziotti. Il vantaggio della visita periodica è quello di avere un supporto esterno nel mantenimento dell’igiene orale. Infatti il dottore e l’igienista hanno un impatto comunicativo maggiore e possono valutare gli strumenti migliori da utilizzare per aiutare nostro figlio a evitare le carie.

Inoltre è senz’altro utile avere un alleato, nell’arduo compito di far nascere nei nostri figli l’abitudine a lavarsi i denti. In questa fase il primo e più utile mezzo nella riduzione delle carie è senz’altro la sigillatura. Si tratta di una verniciatura a base di fluoro, che permette di chiudere (sigillare appunto) i solchi dei denti, cioè i luoghi in cui si fermano maggiormente i batteri.

Infatti, quando i denti permanenti iniziano a uscire, non sono completamente mineralizzati, ma completano tale processo nel tempo, grazie agli scambi con il calcio contenuto nella saliva. Questa sostanza permette agli elementi dentali di mineralizzarsi e di diventare più resistenti.

Per proteggerli in questa fase delicata, in cui sono più suscettibili agli attacchi dei batteri, si applica una speciale vernice che li rende facilmente pulibili e al tempo stesso li rafforza rilasciando del fluoro, che viene assorbito dallo smalto. Per rafforzare i denti si utilizzano anche le fluorizzazioni. Si tratta di applicazioni di gel al fluoro concentrato sugli elementi dentali, per alcuni minuti. Tale trattamento viene eseguito dal dentista o dall’igienista durante le sedute di controllo periodico. Questa sostanza, penetrando nello smalto, lo rinforza.

Anche l’utilizzo di un dentifricio contenente fluoro (almeno 1000 ppm) due volte al giorno facilita la re-mineralizzazione dei denti. Durante la visita di controllo l’odontoiatra o l’igienista eseguono anche la motivazione all’igiene orale.

Questo è uno dei momenti più importanti per far nascere in nostro figlio la voglia di lavarsi i denti. In certi studi si eseguono anche sedute ravvicinate per valutare se le istruzioni vengano poi applicate. L’odontoiatra valuta anche se la crescita dei denti permanenti e delle strutture ossee avviene in maniera regolare. In caso contrario potrà indicare un ortodontista, cioè uno specialista che analizza esclusivamente tali aspetti.

Dai 6 ai 12 anni è, infatti, importante controllare se la mascella e la mandibola si stanno sviluppando correttamente. In questa fase i genitori sono molto attenti alla posizione o ai tempi di eruzione dei denti anteriori.

Tuttavia, è anche importante analizzare lo sviluppo delle basi ossee. Infatti, se tali strutture non sono adeguate, i denti non potranno trovare il loro corretto posizionamento. In certi casi è necessario utilizzare apparecchiature ortopediche che influiscono sullo sviluppo osseo. La valutazione della corretta posizione dentale avviene contestualmente all’analisi di tale sviluppo o viene rimandata in un periodo successivo (verso gli 11 anni) con altri tipi di apparecchiature.

Anche a questa età è importante controllare l’assunzione di bevande e di cibi contenenti zuccheri, soprattutto fuori dai pasti. Lo zucchero, infatti, aumenta l’acidità del cavo orale agevolando il lavoro dei batteri. Gli zuccheri potranno essere assunti a patto che il bambino/ragazzo si lavi subito i denti o si sciacqui abbondantemente la bocca con acqua, permettendo così alla saliva di ripristinare l’acidità normale e di intervenire con la propria azione antibatterica.

StudioCapraraWeb-382-1200x800.jpg

Normalmente dopo i 12 anni i figli dovrebbero essere già più responsabili, tuttavia non è sempre così, perché anche in questa fase la carie continua a svilupparsi e i genitori sono costretti a ripetere ancora di più la famosa esortazione “Ti sei lavato i denti?”.

Questo è il periodo in cui i giovani iniziano ad avere vari impegni e sono portati a trascurare alcuni doveri essenziali come l’igiene orale. Tuttavia è anche il momento in cui iniziano a considerare maggiormente il proprio aspetto ed è quindi utile fare leva su tale fattore.

Possiamo motivare meglio i nostri figli facendo comprendere loro che le persone con un bel sorriso sono più attraenti o che eliminare l’alitosi con la pulizia dentale (e non con le caramelle che la mascherano per poco tempo) migliora le relazioni sociali.

Gli adolescenti sono molto sensibili a tali argomenti ed è quindi utile usarli per sviluppare una corretta abitudine all’igiene orale. Nel caso non riuscissimo a motivarli sarà bene fissare un appuntamento con l’igienista o il dentista affinché ci aiutino in tale obiettivo.

A quest’età non sempre i consigli dei genitori sono presi nella dovuta importanza, mentre lo sono quelli di una persona esterna. In questo periodo sono importanti le visite periodiche in cui viene valutata la situazione dentale e gengivale, il grado di igiene orale, lo sviluppo dei denti e delle basi ossee.

Questo permetterà ai nostri figli di crescere con un bel sorriso sano. In certi casi si può valutare di eseguire un programma di igiene professionale periodica in maniera da prevenire eventuali carie o problemi gengivali. Le fluorizzazioni continuano fino all’età di circa 14 anni, quando tutti gli elementi (ad esclusione dei denti del giudizio) sono presenti nel cavo orale. L’uso del dentifricio contenente fluoro viene mantenuto e in alcuni casi si estendono anche le sigillature ad altri elementi, oltre ai primi molari. Il dentista analizza anche la posizione dei denti, per valutare eventualmente un intervento di tipo correttivo, qualora ci si trovasse di fronte a una malocclusione.

Purtroppo la carie è una malattia “comportamentale” ciò significa che se riusciamo a far nascere nei nostri figlia un’abitudine all’igiene orale, potranno diventare degli adulti con i denti sani, in alternativa saranno costretti a passare varie notti insonni… Il dentista ci può aiutare in questa missione attraverso un programma di visite periodiche.

7-diabete-1200x800.jpg

La prevenzione del diabete, oggi una vera e propria pandemia, passa anche dall’igiene orale, così come consigliato dal Joslin Diabetes Center, la più importante organizzazione mondiale che si occupa di clinica e ricerca nell’ambito del diabete.
I numeri del diabete fanno paura:
il numero di persone con diabete di tipo 2 è in veloce crescita sia nei Paesi avanzati, sia nei Paesi che hanno da poco iniziato il loro sviluppo economico. Questa impennata nel numero di casi diagnosticati e in quelli stimati è dovuta soprattutto:

– alle modifiche quantitative e qualitative nell’alimentazione (si mangia di più e peggio)
– al minor dispendio energetico (il lavoro richiede meno fatica, non ci si muove a piedi, si sta lunghe ore fermi)

queste modifiche allo stile di vita spesso associate al sovrappeso o alla obesità, fanno probabilmente scattare una tendenza geneticamente ereditata a sviluppare il diabete.
Si calcola che in Italia oggi:

– 3 milioni di persone abbiano il diabete di tipo 2 e siano diagnosticate e seguite: si tratta del 4,9% della popolazione
– 1 milione di persone abbiano il diabete di tipo 2 ma non siano state diagnosticate: è l’1,6% della popolazione
– 2,6 milioni di persone abbiano difficoltà a mantenere le glicemie nella norma, una condizione che nella maggior parte dei casi prelude allo sviluppo del diabete di tipo 2. Parliamo del 4,3% della popolazione

In pratica oggi il 9,2% della popolazione italiana ha i difficoltà a mantenere sotto controllo la glicemia.

Nel 2030 si prevede che le persone diagnosticate con diabete saranno 5 milioni.

In Italia il diabete di tipo 1 può essere considerato la più frequente della patologie rare. Ogni anno si rilevano 84 casi ogni milione di persone in Italia (poco meno di 5 mila casi). Alcune regioni italiane, in primo luogo la Sardegna hanno tassi di incidenza superiori alla media europea. Si stima che in Italia circa 250 mila persona abbiano il diabete di tipo 1.

Il numero di persone con diabete di tipo 1 cresce soprattutto perché ormai è possibile garantire a chi segue le cure una attesa di vita sovrapponibile a quella della popolazione generale. Cresce però anche l’incidenza cioè il rischio di sviluppare il diabete di tipo 1.

Questi i numeri, ma se la cura tarda ad arrivare, la migliore medicina resta sempre la prevenzione. E questa, oltre ad avvalersi di uno stile di vita corretto, pare passi anche dall’igiene orale.
Oggi, il legame che sussiste tra il diabete e la parodontite è ben noto. Sono numerosi gli studi che hanno suggerito come la parodontite sia collegata a un peggioramento del controllo glicemico negli individui affetti da diabete. Oltre a ciò, il disturbo che interessa il cavo orale è associato a un maggior rischio di complicanze diabetiche, tra cui le malattie coronariche e cardiache, renali e, infine, a un’aumentata mortalità.
La correlazione è sostanzialmente dovuta al processo infiammatorio tipico della malattia parodontale che, anche se si manifesta a livello locale, ha delle ricadute a livello sistemico, andando a peggiorare l’insulino-resistenza e aprendo le porte anche al diabete.
Il legame malattia parodontale e diabete, poi, è ambivalente, ossia la malattia parodontale può influire sul diabete e chi soffre già di diabete può sviluppare la malattia parodontale.

La malattia che intacca la salute delle gengive, nei casi più gravi arriva a causare la perdita dei denti, con serie conseguenze sulla capacità di alimentarsi e sulla qualità della vita e della salute generale.
Una volta compresi i meccanismi a doppio senso che legano diabete e malattia paradontale, risulta perciò di assoluta importanza sviluppare strategie di screening al fine di trattare i pazienti da diverse prospettive, per poter agire in senso preventivo e sinergico su entrambi i fronti.

Dato che la parodontite in pazienti con diabete non controllato può portare a complicanze, è necessario che dentisti e igienisti dentali siano coinvolti nel trattamento dei pazienti diabetici insieme a diabetologi, nutrizionisti e medici di base. In questo contesto, gli specialisti del settore dentale non devono limitarsi alla cura delle malattie parodontali, ma devono anche informare i pazienti sull’importanza dell’alimentazione, della riduzione del peso corporeo e dell’attività fisica: tutti fattori-chiave in un buon controllo glicemico. Un’alimentazione a basso indice glicemico (IG) e ricca di antiossidanti, per esempio, migliora direttamente sia l’insulino-resistenza che le malattie parodontali perché agisce in senso antiinfiammatorio: di fatto, la parodontite è un’infiammazione che si manifesta a livello gengivale ma che può estendersi ad altri organi.

I dentisti e igienisti dentali possono arrivare persino a rivestire un ruolo specifico nell’identificare i pazienti a rischio di diabete. Diabete e malattia parodontale condividono molti fattori di rischio predisponenti: l’età, l’obesità, l’insulinoresistenza, l’infiammazione, ma i cosiddetti pazienti “middle aged”, in cui si può ancora fare con efficacia un’attività di prevenzione di queste patologie, non vanno spesso dal medico, mentre si recano regolarmente dal dentista!
Un nuovo approccio interdisciplinare, dunque, per creare nuove opportunità di diagnosi precoce e prevenzione primaria.

12-pillola-1200x800.jpg

“Gli studi che hanno valutato le conseguenze dell’assunzione di contraccettivi orali sul parodonto sono relativamente pochi, ma hanno dimostrato che un effetto esiste ed è marcato. I cambiamenti gengivali dopo l’utilizzo di contraccettivi orali compaiono dopo qualche mese e diventano più pronunciati con il passare del tempo”. Sono le considerazioni di un team di ricercatori indiani che hanno condotto una revisione sistematica della letteratura, pubblicata poi sul Journal of Clinical and Diagnostic Research. Le pillole contraccettive che hanno come principio attivo l’associazione estro-progestinica sono dette anche Coc (Combined oral contraceptive): introdotte sessant’anni fa hanno rappresentato una rivoluzione non solo etica ma anche comportamentale e culturale, consentendo di svincolare, come mai era stato fatto prima, il sesso dalla procreazione. La pillola on ha solo effetti contraccettivi ed è utile per trattare alcune patologie, come la sindrome dell’ovaio policistico, l’endometriosi, l’adenomiosi, l’anemia causata dalle mestruazioni, la dismenorrea e l’acne.

Ma gli effetti non sono soltanto positivi: tra le altre cose, si è visto molto presto che la fluttuazione dei livelli di estrogeni e progesterone può avere un’influenza sul parodonto. L’associazione tra l’assunzione di contraccettivi orali e infiammazione gengivale è stata descritta per la prima volta cinquant’anni fa e ricerche simili hanno stabilito collegamenti tra infiammazione gengivale e perdita di attacco clinico, ma anch’esse risalgono a diversi decenni orsono.

Nel frattempo i dosaggi di questi farmaci si sono ridotti e in questo scenario le evidenze dei loro effetti sul parodonto apparivano controverse. Un team di ricercatori indiani si è proposto di fare un po’ di chiarezza, ma come si è visto non è giunto a conclusioni confortanti.

Dei 94 articoli comparsi sul tema, 13 hanno soddisfatto i criteri richiesti dagli autori e hanno mostrato che “gli ormoni progesterone ed estrogeno hanno un impatto diretto sul sistema immunitario dell’organismo e, di conseguenza, le modalità e la rapidità della produzione di collagene sulla gengiva; inoltre, la revisione mostra che un utilizzo prolungato di contraccettivi orali può portare a un peggiore stato di igiene orale, di infiammazione gengivale e a una maggiore suscettibilità alla malattia parodontale.”

Questi risultati comportano conseguenze dirette sul comportamento delle donne che assumono contraccettivi orali e rafforzano la necessità di una maggiore attenzione e prevenzione.

I ricercatori indiani rivolgono dunque una raccomandazione alle donne e, ancor più, agli odontoiatri che le hanno in cura: “un adeguato controllo della placca e trattamento parodontale è necessario per le donne che fanno uso di contraccettivi orali a causa degli effetti sul parodonto dell’alterazione dei livelli di estrogeni e progesterone.

Renato Torlaschi

Ali I, Patthi B,Singla A, Gupta R, Dhama K, Niraj LK, Kumar JK, Prasad M Oral Health and oral contraceptive – is it a shadoe behind brodad day light? A systematic review. J Clin Diagn Res.

10-gravidanza-1200x800.jpg

Il legame tra presenza di infiammazione parodontale e rischio di parto pretermine è stato individuato da poco più di un decennio, ma non era stato ancora dimostrato che i patogeni parodontali potessero essere letali per il feto. Del primo caso di morte prenatale causato da Fusobacterium nucleatum, confermato dalle analisi microbiologiche, ne ha parlato la rivista scientifica Obstetrics&Gynecology.

Il Fusobacterium nucleatum spiega Yiping Han, professore associato al dipartimento di Parodontologia della School of Dental Medicine della Case Western Reserve University di Cleveland, negli Stati Uniti, è un microrganismo che può vivere nel cavo orale sano ma che, quando trova le condizioni adatte, può proliferare e dare luogo a un processo infiammatorio.

Nel caso analizzato, una donna di trentacinque anni alla trentanovesima settimana di gestazione che aveva sofferto per una forma di infiammazione e sanguinamento eccessivo delle gengive dovuti alla gravidanza, il processo infiammatorio era limitato al cavo orale, ma è bastato un abbassamento delle sue difese immunitarie per consentire ai batteri di raggiungere il feto: è questo il motivo per cui le infiammazioni parodontali in gravidanza vanno curate anche se sembrano essere innocue.

La donna si era recata al pronto soccorso di un ospedale di Santa Monica.

Da tre giorni soffriva di un’infezione delle alte vie respiratorie con febbre a 37,8°C e da qualche ora non sentiva più movimenti da parte del nascituro. Nel giro di breve tempo è stato indotto il parto del feto ormai senza vita: nei polmoni e nello stomaco è stato rinvenuto Fusobacterium nucleatum.

L’analisi genetica dei microrganismi ha provato che i patogeni rinvenuti erano compatibili solo con Fusobacterium nucleatum presente nella flora sottogengivale della donna e non, per esempio, con gli esemplari presenti nel canale del parto.

Questo significa che i patogeni dal cavo orale sono penetrati nel flusso sanguigno attraverso i tessuti gengivali infiammati; quando poi il sistema immunitario della madre è stato indebolito da una comune infezione delle vie respiratorie superiori, i batteri hanno trovato il varco per oltrepassare la placenta, raggiungere il feto e proliferare fino a causare la grave infezione.

L’analisi di questo caso ci porta a ribadire l’importanza delle cure odontoiatriche in gravidanza, condizione nella quale l’infiammazione parodontale è un disturbo comune, e a consigliare una profilassi antibiotica in presenza di infezioni multiple al fine di prevenire una batteriemia prolungata e il potenziale trasferimento dei patogeni dal cavo orale fino all’utero.


Copyright by Studio Caprara © 2024 | P.IVA 00484100318 | Direttore Sanitario: Dr. Tiziano Caprara | Credits



Copyright by Studio Caprara © 2024 | P.IVA 00484100318 | Direttore Sanitario: Dr. Tiziano Caprara | Credits